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Il rinnovamento del Carnevale di Viareggio

La Viareggio del dopoguerra, rapidamente ricostruita, aveva spinto l'espansione urbanistica al confine del comune di Camaiore, segnato dalla Fossa dell'Abate, con la realizzazione della "Città Giardino". Salvato il polmone verde della Pineta di Ponente, l'edilizia aveva attaccato l'altro polmone, la Pineta di Levante, con un programma di case popolari, subito bloccato, e l'apertura del Vialone lungo il litorale. La popolazione in vent'anni era aumentata da quaranta a quarantasettemila abitanti. L'Amministrazione comunale precorse il Centrosinistra dal Governo centrale, con l'ingresso in Giunta, dal 2 febbraio 1961, dei socialisti.

1961: dopo l'incendio dei capannoni della Città vecchia del 29 giugno 1960 e la ricostruzione a tempo di record di quattro nuovi capannoni degli otto programmati nella zona del Marco Polo, fu possibile uno svecchiamento del corso mascherato.

I grandi carri e le mascherate ritornarono sui Viali a mare "più belli e più grandi che prima", come sottolineò il titolo del carro di Alfredo Pardini, parafrasando Petrolini.

Si profilò una nuova promettente generazione di "maghi", sostitutiva dei Maestri Antonio D'Arliano, Alfredo Pardini, Alfredo Morescalchi. I darlianisti e i pardiniani viareggini impararono a conoscere altri "fuoriclasse" sui quali trasferire il tifo cittadino.

Da prima Sergio Baroni e Silvano Avanzini, poi Arnaldo Galli e in seguito Giovanni Lazzarini capifila di un'innovazione non solo tecnica, ma anche ideologica. Si fece subito strada una contrapposizione interpretativa identificabile in due filoni: il romantico e il verista. Nel romantico s'inserirono i sostenitori delle allegorie di evasione, favolistiche, ridanciane, innamorate dell'estetica, delle colorazioni attinte dalla natura. Nel verista si posero i fautori di carri cui affidare messaggi sociopolitici, di denuncia dei guasti industriali, governativi, partitici, infatuati di ribellismo, pronti alla satira e alle tinte violente.

Anche se protagonisti di alcune "evasioni", gli esponenti del fantasioso, del favolistico, della semplicità, dell'effimero insomma, furono Sergio Baroni e Arnaldo Galli. 1 rappresentanti, dell'altro movimento, interpreti delle inquietudini politiche, diretto a colpire un personaggio, una situazione, un comportamento, con tutta la provocazione possibile, furono invece Silvano Avanzini e Giovanni Lazzarini.

Il vero rinnovamento del corso mascherato, comunque sia, fu l'avvento sui carri, ed anche nelle mascherate, della satira politica, inavvertita prima degli Anni Sessanta. E, se perseguita da qualche costruttore, vietata.